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- Erbando
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- 12 marzo 2021 | 13:4016030 Castiglione Chiavarese GE, Italia
- 1 maggio 2019 | 08:0018017 Costarainera IM, Italia
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- O CHÉUSSO, LA ZUCCA A FIASCO
Quest'anno la mia zucca di Halloween è stata proprio quella della tradizione nostra, dei miei nonni, dei miei zii che la intagliavano per spaventare le sorelle agli inizi del '900 e più tardi mia madre, un po' per dimostrare per l'ennesima volta come le zucche intagliate e festa compresa, non siano un'importazione dall'America, ma una tradizione dimenticata di ritorno, quando si è capito che si poteva mercificare. Tutte le mie considerazioni, quello che si è sempre fatto, le ricette della tradizione sono in questo altro post >>>OGNISSANTI O HALLOWEEN, DOLCETTO ecc Questa particolare zucca è quasi dimenticata, dopo essere stata presente nella vita quotidiana dell'uomo da migliaia di anni, in Liguria come in tutte le parti del mondo. Conosciutissima, chiamata chéusso, cossa, cusso, cösso e chi lo sa in quanti altri nomi, cresceva sulle téupie , le pergole che ogni casa di campagna aveva davanti all'uscio, insieme all' uva merella, l'uva fragola. foto dal web Talmente antico il suo uso che non si riesce nemmeno a rintracciarne l'origine, uno dei primi ortaggi coltivati, pare addirittura prima del frumento. Tracce ne sono state trovate fino a 13000 anni fa, sia in Africa, che in Cina ma anche in Messico, tutti i popoli ne hanno e ne fanno uso. Il suo nome botanico è Lagenaria siceraria, della famiglia Cucurbitacee, unica zucca presente prima della scoperta delle Americhe, quando arrivarono le altre, sempre stessa famiglia ma genere Cucurbita. Contrariamente a quanto si pensa è commestibile da giovane, una varietà, la Lagenaria longissima o Serpente di Sicilia è molto conosciuta al sud, e i suoi germogli chiamati tenerumi apprezzatissimi in zuppa. foto dal web Difficile possa venire in mente di mangiarla matura, la polpa di consistenza schiumosa è un purgante e un emetico e la buccia dura. Secca è leggera ed è stata usata come galleggiante per le reti e anche per imparare a nuotare. Seccando diventa come legno e da sempre l'uomo ha pensato che svuotandola dei semi e dei residui di polpa secca aveva a disposizione un recipiente ottimo per i liquidi acqua e vino, ma anche per farine, tabacco e simili. L'origine del nome viene dal greco lagenos che significa fiasco e l'uso antico è dimostrato nelle frequenti raffigurazioni in dipinti e statue. Specialmente nell'iconografia dei Santi, la Lagenaria è rappresentata quando si tratta di santi pellegrini come per esempio San Rocco e San Giacomo. Si usa anche una forzatura nella crescita per farla rimanere piatta come la più classica borraccia piatta In Cina è simbolo dei farmacisti in quanto vi venivano riposti erbe e rimedi vari. Svuotata e divisa, modellata, diventava recipiente, mestolo. Qui veniva usata per per concimare gli orti con la chintànn-a... e separare l'olio dall'acqua e i miei nonni che in tempi più moderni ne ebbero uno di lamiera, continuarono a chiamarlo cossu, mi ci volle un po' di tempo per capire che il nome veniva direttamente dalla zucca, Nel libro sotto come trasformarli in utensili di uso quotidiano https://www.amazon.it/Historic-Gourd-Craft-Traditional-Vessels/dp/0764328301 Prima ancora di pensare a svuotarla, semplicemente scuotendola, secca con i semi dentro, l'uomo scoprì uno dei primi strumenti musicali. Le vere Maracas ancora oggi sono fatte spesso con una zucca dipinta. In seguito zucche svuotate sono state usate come cassa armonica, uno dei Sitar indiani, Kaccapi vina , è fatto con una lagenaria svuotata e sei corde, e pure il Berimbau, strumento tribale emigrato dall'Africa con gli schiavi e diventato indispensabile elemento della Capoeira brasiliana. Non ci è voluto molto per pensare a decorarle e quindi dipinte, incise, disegnate sono diventate elemento decorativo di arredo. Qualche esempio in foto, ma si può trovare di tutto. Chi di noi, di una certa età, non ha avuto un presepe in una zucca? Non privo della giusta rilevanza, l'uso, comune in tutte le parti del mondo, che ne fanno alcuni gruppi etnici come astuccio penico, la Koteka. Dall'Africa al Nord America, ancora oggi in Papua Nuova Guinea gli uomini usano la parte opportuna della zucca essicata e svuotata a protezione del pene, tenuto con una cordicella di palma, dando a questo indumento, l’unico spesso indossato, simbolismi particolari, tipo protezione contro gli spiriti maligni a tutela della propria fecondità e decorato in maniera diversa a secondo dell'occasione nella quale viene messo caccia, danza, eventi sociali. Ultimi, ma forse chissà non ne trovo altri, l'uso nell'orto per allontanare roditori e istrici e quello nella medicina popolare L'odore delle foglie di una varietà, la Lagenaria Mayo Giant, sembrerebbe essere sgradito e quindi in un orto a carattere familiare, una pianta di Lagenaria, opportunamente cimata per non sopraffare le altre coltivazioni, potrebbe tenere lontano fastidiosi visitatori notturni. Ho già scritto della polpa che ha effetti purganti e emetici, e un impiastro con le foglie pari curi il mal di testa. -foto da Actaplantarum- Mi resta da fare una piccola considerazione personale. Al di là degli innumerevoli impieghi di un qualcosa che cessato l'uso ritorna alla terra, alla natura, senza lasciare traccia, mentre per tutte le cose che si possono fare si spreca spesso plastica, chi mai ci restituirà la fantasia, l'inventiva, che una semplice zucca in tutto il mondo ha saputo suscitare? Qualche anno fa, quando per curiosità un amico le aveva seminate, me le portò dicendo che nessuno sapeva cosa farne... Servirà l'intelligenza artificiale? Condividi il post! e poi torna, troverai esperienze affascinanti . Se vuoi puoi iscriverti alla news letter cliccando qui>> per non perderti nessun articolo. Lella Lella Canepa, creatrice di " Donne da Ieri a Oggi " una fantastica mostra poi tradotta in un libro e di " Erbando " un ricercato evento che produce sempre il " tutto esaurito " da subito, anch'esso tradotto in un manuale dove si impara a conoscere e raccogliere le erbe selvatiche commestibili come facevano i nostri avi. Lella Canepa ama da sempre tutto ciò che è spontaneo, semplice e naturale e coltiva da anni la passione per tutto quello che circonda il mondo manuale del femminile. tramandato per generazioni da sua mamma, sua nonna e la sua bisnonna. Se vuoi, puoi metterti in contatto con Lella qui>>
- OGNISSANTI O HALLOWEEN... DOLCETTO O SCHERZETTO? O CALDARROSTE ALL'INFERNO?
è l'è de' vivi che bisogna avè paura, no de' morti..! Gli zii di mia mamma intorno agli anni 20-30 del '900, nelle sere che precedevano l'uno e il due novembre, tentavano di impaurirla con una candela accesa infilata in una zucca intagliata, raccontandole di morti che per una notte ritornano tra i vivi e lei ne conservava un ricordo poco piacevole. Questi zii, oltre a non essere mai stati in America, erano cattolici praticanti, uno organista e l'altro campanaro, per tutta la loro vita, in una delle basiliche più belle di Liguria, la Basilica dei Fieschi, tanto da essere chiamati "I Parrocchia" come soprannome di famiglia, quindi impensabile un rito di sfregio alla loro religione. Qui, alta Val di Vara, ancora negli anni '50, prima della grande ultima emigrazione verso le americhe e le fabbriche, i giovani vagavano di casa in casa mascherati per chiedere un'offerta di cibo per i propri morti. In realtà in tutta Italia, senza scomodare altri paesi stranieri, ma un po' dappertutto è così, la fine dell'estate e quindi l'inizio del buio invernale venivano salutati con rituali che ricordano gli spiriti dei defunti, i poveri chiedevano qualcosa da mangiare a chi più ricco aveva accumulato più provviste per l'inverno e l'intenzione è sempre più o meno quella di accogliere con qualcosa i propri cari trapassati che per una notte tornano sulla terra, ai quali si accende una luce, che sia in una zucca, in una rapa o semplicemente una candela sulla finestra o un lumino acceso in casa. Dalla festa celtica di Samhain alle Parentalia romane si è arrivati al nostro Ognissanti e Festa dei defunti ... i miei ricordi di bambina sono nei lunghi rosari serali nella basilica a San Salvatore a far sciogliere gli Offiçiêu, con attenzione a non sporcare e bruciare la panca della chiesa. Questi offizieu o"mucchetti", propri della tradizione ligure, sono una sorta di lungo cerino avvolto attorno a delle forme in legno, che simulano piccole borsette, fiaschetti, cestini, scarpette, ecc. che venivano accesi e lasciati consumare durante il rosario serale di questo periodo. Facevano bella mostra nelle vetrine di pasticcerie e drogherie, e fra bambini era gara a chi aveva il più bello, il più grande. Spariti come tante altre cose, non c'è più nessuno che li fa e che li usa, i miei figli non ne hanno mai visto o acceso uno. Davanti ai negozi de tûtti i speziæ, esposti in bell'ordine pe mettine coæ gh'è un mûggio asciortio de belli offiçieu delizia, sospio de tanti figgieu Nicolò Bacigalupo Se posso comprendere il fastidio di qualcuno nei confronti della mercificazione di queste usanze, meno capisco chi non ricorda da dove arriva davvero tutto ciò e non certo dall'America. Nel dopoguerra, e io da lì vengo, abbiamo volutamente accantonato e dimenticato usi e tradizioni, modi di fare e di dire, cibi che ci ricordavano la povertà, la campagna, assettati di modernità e industria, che ci rappresentavano e adesso non riconoscendoli li chiamiamo addirittura strumenti del demonio... Meglio sarebbe, se si vuole davvero sapere cosa è Halloween, lo si chiedesse alla nonna, senza nemmeno scomodare i Celti. Gli uomini di tutti i tempi hanno sempre avuto paura del buio invernale che si avvicina in questa stagione e con qualsiasi rito cercavano di conservare e omaggiare la luce sperando che questa tornasse la primavera successiva. Nel nord dell'Europa i bambini facevano e fanno processioni di lanterne intagliate nelle rape, chiedendo offerte per i defunti e ogni paese ha la sua leggenda, ma tutte riportano ai morti che tornano per una notte. Per la facilità con la quale si trovavano più zucche che rape i primi emigranti in America iniziarono a intagliare quelle. Non è obbligatorio sottostare alle regole di mercato, si può sempre come me continuare ad intagliare la zucca dell' orto, a mettere candeline e cere ( se potessi avere ancora uno dei nostri offizieu! ) nella speranza che per una sera i miei morti ritornino, fosse possibile vederli ancora una volta! La zucca classica da intagliare qui dalle mie parti era il chéussu o zucca a fiasco, fra gli infiniti usi che ho cercato di elencare in quest'altro post >>> O CHÉUSSO Proverbi liguri ricordano che " Ognissanti senza becco, Natale poveretto " o " Pe i Morti, bacilli e stocchefisce no gh’è casa che no i condisce" dai quali si capisce che tradizione vuole un qualche volatile in tavola, che poteva essere il gallo, la faraona o altro da eliminare nel pollaio prima dell'inverno, o anche il bottino del cacciatore di casa, fagiano o (ahimè!!!) uccelletti, così da riservare le carni più pregiate del maiale a Natale. Oppure lo Stoccafisso con i bacilli , ovvero un legume tipo una piccola fava secca, praticamente introvabile, che negli ultimi anni è ricomparso con il nome di Favino, qui da me con le fagiolane, i grandi fagioli di Spagna, semplicemente bolliti e conditi con il primissimo olio nuovo. In casa mia non c'erano grandi tradizioni culinarie per questo periodo, se non forse per i ceci o a volte fagioli a zimin, del quale ho già scritto qui>>>A Zimino . - zimino in cottura - Certamente erano i giorni delle castagne, nella tradizione fatte a " balletti", le castagne bollite con la buccia, ma ricordo con più piacere le serate fra ragazzi, qui, a fare le " Rustie all'inferno " caldarroste, spolverizzate di zucchero, innaffiate di grappa e accese poi sempre mescolando. È d'obbligo spegnere la luce durante il procedimento così da godere dello spettacolo, o almeno così a noi sembrava, ci si divertiva davvero con poco. Sempre perché ci si divertiva con quello che si aveva, finì in canzoncina la serata fra ragazze del dopoguerra che non avendo la grappa un po' ne chiesero ai giovani, i quali per vendicarsi di non essere ammessi al divertimento, offrirono una bottiglia di acqua al posto della grappa che alla fine non bruciò annacquando miseramente le castagne. Quando furono nel piatto pronte ben bagnate continuarono per mezz'ora a mescolar ma l'acqua dei Ghiggeri non volle mai bruciar La ricetta, con qualche attenzione, è quanto di più facile ci sia. Fatte le caldarroste, si sbucciano il più velocemente possibile cercando di tenerle in caldo. Si sistemano in una pirofila, si mette qualche cucchiaiata di zucchero, un bicchierino di grappa, si mescola e CON ATTENZIONE si dà fuoco, sempre mescolando. Bruciato tutto l'alcool si gustano le castagne così condite, quasi caramellate. Se proprio non c'è altra soluzione, è possibile fare qualcosa di simile a delle caldarroste nel forno o nel microonde, e ci sono decine di modi diversi. Uno è quello di praticare il solito taglio nella parte rotonda, mettere le castagne tagliate a bagno per 10 minuti in acqua tiepida, mettere sul piatto del microonde e far andare per cinque minuti alla massima potenza. Un sistema veloce per fare una minima quantità di castagne per una - due persone. Se se ne devono fare di più, dopo l'ammollo, si asciugano e si passano in forno a 180° per una mezz'ora, mescolando spesso. In entrambi i casi, a fine cottura, si mettono dentro ad un sacchetto di carta ben chiuso o in uno strofinaccio, per cinque minuti, in modo da poterle sbucciare bene. - castagne all'inferno - Per vedere la lavorazione degli Offiçêu qui: https://www.facebook.com/1819865669/videos/10205452045940129/ Per saperne di più sulle tradizioni italiane antiche di zucche intagliate e regali dolci ai bambini qui: https://www.thinkdonna.it/festa-ognissanti-commemorazione-dei-defunti-tradizioni-italia.htm?fbclid=IwAR1aN2r3aCS_WahxRUKOcWGktFrJYrkpUfYPXskK-jYR5wJAyLm0b4163Zw# Condividi il post! e poi torna, troverai esperienze affascinanti . Se vuoi puoi iscriverti alla news letter cliccando qui>> per non perderti nessun articolo. 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- BACIOCCA, prego! non torta di patate 😋
Credo la ricetta della Baciocca come la più controversa nella storia di tutte le ricette di cucina. Spesso una ricetta varia di zona in zona, mantenendo più o meno gli stessi ingredienti e spesso più di un paese se ne appropria la paternità. Nel caso della baciocca la diatriba fra ricette e paesi sfiora la faida familiare. Di casa in casa si sente " la vera ricetta è questa! ": le uova si, le uova no... la sfoglia sotto, la sfoglia sopra, la sfoglia no, l'aglio, la cipolla tanta ...poca... quale sarà la verità? Anche le origini sono fantasiose: chi asserisce che le ragazze di paese più belle e brave nel comporla, fossero chiamate " baciocche ", chi dice che la sfoglia messa sotto sia di un impasto "matto" di farina e acqua e quindi " baciocco ".... Il suo "areale" si sposta dal Levante ligure, all' Alta Val di Vara , ai confini con la Lunigiana a Prato SopraLaCroce, fino a spingersi nella Val Taro dove se ne fa un vero culto. Resta il fatto che le diverse versioni sono appunto diverse, fino a diventare una cosa completamente estranea una all'altra, fermo restando l'ingrediente principale: le Patate . LA STORIA Ho studiato a fondo le varianti e mi sono fatta una mia idea storica. In Italia è sempre o perchè c'è passato Napoleone o perchè c'è passato Garibaldi, in questa storia tra la fine del '700 e l'inizio dell'800, tale sorella di Bonaparte, Elisa, detta la Baciocca dal cognome del marito Felice Baciocchi , regnò sul piccolo ducato di Massa e Carrara, Lucca e Piombino. Su di lei se ne narrano di cotte e di crude, amica di Nicolò Paganini (originario di Carro, Alta Val di Vara, ai confini con Massa Carrara) e molto...diciamo... "apprezzata e desiderata". Le premesse ci sono tutte perché qualcuno decida di usare il soprannome " baciocca " per le ragazze appetibili e scarse di contenuto e trasferire l'appellativo a una pietanza comunque buonissima con il poco che c'è dentro. Per quanto mi riguarda la vera ricetta resta quella che ho imparato qui in Alta Val di Vara e che si differenzia poco da quella di Santa Maria del Taro dove da qui è trasmigrata, proprio perché è anche quella più particolare, più scarna, ma più saporita tra le tante. Non ci sono le uova, e me ne sono fatta una ragione, visto che la scorta di patate coincideva con la muta delle galline, periodo nel quale fanno meno uova. Mi sembra logica la sostituzione di queste con le due farine di grano integrale e di granoturco per il colore, il sapore e per permetterne l'amalgama. Non veniva usata altra farina per la sfoglia sotto, ma veniva posata sulle foglie di castagno che fungevano da teglia e cotta sotto il testo come il pane. Quando la cuocio nel forno di casa a volte metto la sfoglia, ma solo per poterla porzionare e servire in maniera più precisa e funzionale. Insegnatami più di cinquant'anni fa da un'anziana del paese, che non voleva saperne di altri ingredienti oltre a questi che descrivo, nel caso l'aggiunta di sfoglia, uova o altro avrebbe dato per risultato finale quello che era da lei definito quasi con disprezzo "torte di patate". Mi sento a pieno titolo di erigere la mia ricetta come la più passabile di autenticità. Dunque veniamo al dunque. LA RICETTA Trito il lardo, un segreto antico è quello di scaldare la lama con il quale si trita, coltello o mezzaluna di ferro, la mia è quella di nonna non la cambierei con niente altro. Con pochi veloci movimenti ecco il lardo, circa 200gr, ridotto in pasta. Trito anche la cipolla, una piccola e la metto ad appassire in una padella a fuoco moderato. Trito finemente anche aglio prezzemolo e un nonulla di rosmarino In una terrina taglio le patate, circa 1kg e mezzo, a fette non sottilissime. Patate, quali? La tradizione del levante ligure dice Quarantina, a me piace tanto la Monalisa, certamente non una patata farinosa che tenda a sfaldarsi. aggiungo il trito di erbe e quello di cipolla appassita con il lardo, due pugni di farina di granturco e una di grano, integrale mi raccomando, e una bella manciata di parmigiano Mescolo ben bene con le mani, è l'unico sistema per amalgamare tutto, nel caso mi aiuto con uno o due cucchiai di panna o latte. Nel frattempo, avevo ammollato le foglie secche di castagno in acqua tiepida (vedi il post Sua Maestà il Castagno: non si butta via niente, tantomeno le foglie ). La cottura ottimale è sempre quella sotto al testo (vedi il post PANE..profumo di pane ) ma non avendolo a disposizione mi accontento di mettere le foglie nel tegame. Se non ho le foglie di castagno, impasto la pasta matta, anche con un comune robot da cucina. Farina, acqua e sale con un po' d'olio, quanto basta per avere un impasto morbido. Tiro una sfoglia sottile a coprire la teglia e sopra posiziono le patate schiacciando per bene in uno strato più o meno di 2 o 3 cm La Baciocca deve trasudare grasso, quindi ancora un bel giro d'olio sopra e inforno a 200° C per 40 minuti Condividi il post! e poi torna, troverai esperienze interessanti . Se vuoi, puoi iscriverti alla news letter cliccando qui>> per non perderti nessun articolo. Lella Lella Canepa, creatrice di " Donne da Ieri a Oggi " una fantastica mostra poi tradotta in un libro e di " Erbando " un ricercato evento che produce sempre il " tutto esaurito " da subito, anch'esso tradotto in un Manuale dove si impara a conoscere e raccogliere le erbe selvatiche commestibili come facevano i nostri avi. Lella Canepa ama da sempre tutto ciò che è spontaneo, semplice e naturale e coltiva da anni la passione per tutto quello che circonda il mondo manuale del femminile. tramandato per generazioni da sua mamma, sua nonna e la sua bisnonna. 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ERBANDO IN BASKO 28 APRILE SAN SALVATORE DI COGORNO
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