LE MIE ERBETTE SOSPETTE, del perché non raccolgo alcune piante e come non confonderle
- lellacanepa
- 21 feb 2019
- Tempo di lettura: 7 min
Aggiornamento: 14 nov 2020

Omnia venenum sunt: nec sine veneno quicquam existit. Dosis sola facit, ut venenum non fit
Tutto è veleno, e nulla esiste senza veleno.
Solo la dose fa in modo che il veleno non faccia effetto
Paracelso
Spesso durante gli incontri dell' Associazione (qui>>>) mi viene chiesto della possibilità di confondere le piante commestibili con con piante pericolose per una eventuale tossicità e così questo post è dedicato, come sempre, agli insegnamenti che mi sono stati tramandati.
Desidero anticipare che in casa c'è sempre stata una particolare attenzione nell'evitare qualunque cosa potesse anche minimamente nuocere, non siamo mai state persone portate al rischio, almeno per quello che riguarda l'alimentazione.
Così parlerò di piante comunemente raccolte e usate da molte persone e del mio personale pensiero al proposito e di come, con qualche informazione, ho capito da cosa derivava la diffidenza nel raccoglierle in famiglia.
La mia opinione in proposito è che una volta, e io ho l'età per ricordarmelo, le campagne erano pulitissime, tutto era tagliato e qualunque filo d'erba veniva usato per l'alimentazione umana e animale.
Le infestanti erano mantenute, manualmente, sotto controllo dai contadini, specie in una regione come la mia, la Liguria, dove ogni granello di terra era utile.
Va da sé che in condizioni particolari, di povertà, di carestia, di tempi di guerra, di difficoltà di reperimento del cibo, tutto veniva raccolto.
Una condizione che fortunatamente non è più presente oggi e che ci permette di scegliere con più attenzione cosa raccogliere e cosa no.
È anche il caso di ricordare che con la cottura, parte delle sostanze che potrebbero essere dannose, finiscono nell'acqua ed è da qui che trae il nome di Prebuggiun (qui>>>) il nostro misto ligure, da pre - bogîo, cioè prima bollito, proprio perché se qualche erba veniva confusa e raccolta, nell'acqua andava persa molta della pericolosità.
Così come non siamo più noi come i nostri progenitori, che se non sopravvivevano a malattie che oggi vengono debellate con facilità, non avevano però gli organi sovraffaticati dalla digestione di medicinali da noi assunti quasi quotidianamente, sconosciuti fino al secolo scorso.
E mi fa piacere qui ricordare che le erbe commestibili se pur selvatiche, godono della coltivazioni del terreno e che proprio l'abbandono delle campagne ne sta favorendo la scomparsa, lasciando campo a specie più robuste e che sopravvivono in condizioni di siccità o gelo o con una rapida propagazione che soffoca i terreni.
Inizio dalla più comune, innocua e banale, la Hyoseris radiata:

È questa un'erba molto comune, almeno nel territorio che frequento in Liguria, e da molti usata perché commestibilissima.
Ora commestibile però non vuole dire anche appetibile, cioè con un gusto gradevole, il suo nome deriva dal greco e significa "cicoria da porci" per l'odore e il gusto e di fatto è un'erba foraggera, quindi non ho altro da dire se non che non mi piace e che negli anni le anziane raccoglitrici che ho frequentato, la prima cosa che mi dicevano, come test, per vedere se me ne intendevo:
- Into prebuggiun Tagianette ninte, però!-
In un buon "Prebuggiun"(qui>>>) Tagiainette niente.

Tagiainette è il nome con il quale è conosciuta quest'erba nella mia zona, forse perché riconoscibile dalla foglia stretta molto incisa, di un bel verde brillante, chiamata anche Denti de conìggio, Trinette o Lucertolina.
Facilmente confusa con il Tarassaco (qui>>),
il fiore giallo simile, ma non uguale,
non succede niente se sbagliando se ne aggiunge al misto, se poi il gusto piace ognuno è libero di mescolare come crede.

Come si nota benissimo la differenza fra Hyoseris e Tarassaco è ben visibile, la foglia sotto di Tarassaco ha i caratteristici denti di leone che ne danno il nome volgare.
Un'altra erba molto usata è il Favagello, Ranunculus ficaria ora Ficaria verna.
Il nome scientifico usato fino a poco tempo fa ne denunciava l'evidente somiglianza e appartenenza alla famiglia dei Ranuncoli, tutti tossici, a volte anche per contatto.

I nostri vecchi sapevano che la pianta diventava più tossica con la presenza del fiore e quindi veniva raccolta prima della fioritura. Ce lo ricordiamo ancora oggi? Non so... ad ogni modo in casa mia non si è mai usata, ne prima ne dopo, e la sua tossicità è confermata scientificamente.

L'unica pianta con la quale potrebbe essere confuso è la viola mammola per una certa somiglianza nella forma della foglia, che ne differisce però per colore, consistenza e sopratutto per un sottile segno scuro che la attraversa.
Nella foto qui sotto si vedono le prime tre foglie di Favagello, l'ultima a destra è di Viola


Le piante del genere Rumex.
Sono presenti e usate diverse varietà di Romice, una, la più facile la Rumex acetosa, chiamata Pane e Vino per il sapore acidulo delle foglie, veniva masticata cruda dai ragazzi, a pastore con pecore e mucche, quasi per gioco, quando i divertimenti erano davvero da inventare.
Quando la piantina è giovane è facilmente confusa con l'Aspraggine (qui>>>) ma i tratti inconfondibili di quest'ultima (peli e pustoline che le Rumex non hanno) non lasciano dubbi,
o con una possibile bietola selvatica, basta assaggiarne un pochino per accorgersi della differenza, la bietola è dolce quanto è agra l'altra.

pianta di Bietola e di Romice a confronto
Sono tante le piante del genere Rumex, molto comuni, usatissime dai tempi antichi, romani, greci, egiziani, le mangiavano comunemente e non è il caso di illustrarle tutte qui, con un po' di pratica si riconoscono, spesso hanno foglie lanceolate, crespe, e i lunghi steli florali senza foglie che non sembrano fiori.
Il problema qual'è? Almeno per me
L'alta presenza di ossalati possono causare problemi a stomaco e reni, e in dose eccessiva è pericolosa anche per gli animali che la brucano.
Inoltre non è compatibile con alcuni tipi di metalli e va cotta solo in recipienti di acciaio inossidabile o vetro ed ha problemi anche con la bollitura in certe acque minerali ...
Un'anziana signora in Val d'Aosta mi raccomandò di farla bollire tre volte buttando via l'acqua prima di mangiarla.
Sono informazioni utili nel caso dovessi trovarmi in un periodo di carestia tale da costringermi a farne uso...
Di molte erbe comuni abbiamo imparato a gestire l'eventuale tossicità per il particolare gusto e aroma insostituibile.
Infatti se non mangeremmo un'insalata di solo prezzemolo o non ci prepariamo un tè di prezzemolo un motivo ci sarà.
Il prezzemolo è sicuramente pericoloso in grandi quantità, è della stessa famiglia della Cicuta, e di altre ugualmente tossiche.
Resta ferrea la regola di non raccogliere nulla, ma proprio nulla che assomigli al prezzemolo nelle nostre escursioni nei prati, perché anche se dovessimo imbatterci in piantine di cerfoglio dei prati o anche di carota selvatica meglio non rischiare.

Conium maculatum
Questa foto l'ho scattata in Francia in un giardino erbario, a luglio, e per questo motivo il colore è giallino ma è evidente la somiglianza con il prezzemolo.
Se anche è vero che il gambo della Cicuta è macchiato e la puzza terribile, ricordo che cerchiamo le piante in primavera quando spuntano e che non esiste un solo tipo di Cicuta.
Non si deve nemmeno cadere nell'errore di credere che non sia così comune come invece è in tutta Italia fino a 1400mt
Al sopraggiungere della primavera alcune persone vanno in caccia di punte di Vitalba per fare frittate e altro.
È la Clematis vitalba una vera e propria liana, infestante, responsabile del progressivo soffocamento dei nostri boschi e prati, dove l'abbandono dell'uomo è più evidente

-Vit come rampicante e -Alba come il bianco dei suoi fiori e sono proprio i suoi fiori, che osservati attentamente ne denunciano l'appartenenza alla famiglia delle Ranuncolacee e quindi la conseguente tossicità.

Basterebbe ricordare che era chiamata l'erba dei pezzenti, dai mendicanti usata per provocare ulcere sulla pelle allo scopo di impietosire.
Pare che i germogli primaverili fino ad una misura di pochi centimetri abbiano poca tossicità e che sia opportuno comunque far bollire prima di passare ad un eventuale altra preparazione.
Ecco, appena mi verrà voglia di andar per erbe con il metro, sarò pronta a raccogliere le cime di Vitalba...
In ogni caso difficile da confondere con un' erba da Prebuggiun.
Con la Lattuga velenosa, la Lactuca virosa invece ci si può confondere.

A primavera le rosette basali appena nate, potrebbero essere scambiate addirittura per le preziose Talegue (qui>>>), la Reichardia picroides, è successo per un attimo anche a me.

Un po' per il colore chiaro sul verde salvia, un po' per il terreno dove cresce, per fortuna basta un attimo per ravvedersi.
La foglia più sottile e somigliante ad un'insalata e soprattutto l'odore che è veramente sgradevole, il lattice che fuoriesce, sono i principali deterrenti a raccoglierla. Il sapore resta disgustoso.
Quando le foglie crescono spesso presentano macchie scure inconfondibili.

Un'altra evidente differenza con altre piante è la serie di piccoli aculei lungo la costa centrale nel retro della foglia.

Un'altra lattuga selvatica, la Lactuca serriola è ritenuta commestibile da alcuni.
Per quanto mi riguarda non mi lancio in riconoscimenti azzardati visto la somiglianza fra le due.
Virosa, comunque sta per velenosa e per dire, di entrambe era noto il nome di oppio dei poveri, in quanto il lattice amaro veniva usato come analgesico e anestetico.
Le stesse sostanze, ma in concentrazioni minori, sono presenti nella lattuga coltivata che mangiamo come insalata, e i nostri vecchi sapevano come una bella insalata di lattuga alla sera rilassa e favorisce il sonno, salvo per chi ha difficoltà a digerirla, ed essendo ricca di cellulosa ad alcune persone provoca gonfiore.
Termino il post con il giochino dell'anno, il cartellone che porto sempre in giro, quando mi accingo a parlare di piante sospette, per dimostrare come:
da una fotografia non è possibile l'identificazione
dalla fotografia di una parte sola della pianta è impossibile l'identificazione
come sbaglia il 90% delle persone che ci prova
come è meglio non raccogliere niente che assomigli al prezzemolo
come servono tutti i sensi per imparare a riconoscere una pianta: vista, tatto odorato, gusto, e l'udito per ascoltare chi ve le spiega
Le piante sono state raccolte da me nello stesso momento e in un prato di pochi metri quadrati c'erano tutte.
È solo un gioco, ma nella foto il prezzemolo è solo uno, non importa sapere cosa sono le altre, non sono prezzemolo e questo è quanto serve, ma per sapere qual'è il prezzemolo dovete scrivermi e ve lo dico...😇😂

QUAL' È IL PREZZEMOLO?
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Lella
Lella Canepa, creatrice di "Donne da Ieri a Oggi" una fantastica mostra poi tradotta in un libro e di "Erbando" un ricercato evento che produce sempre il "tutto esaurito" da subito, anch'esso tradotto in un manuale dove si impara a conoscere e raccogliere le erbe selvatiche commestibili come facevano i nostri avi.
Lella Canepa ama da sempre tutto ciò che è spontaneo, semplice e naturale e coltiva da anni la passione per tutto quello che circonda il mondo manuale del femminile. tramandato per generazioni da sua mamma, sua nonna e la sua bisnonna.
Se vuoi, puoi metterti in contatto con Lella qui>>

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