CICERI E TRIA
nu ssapire tenìre ttre ccìceri a mmucca ...
Ogni tanto mi piace fare un'incursione fra i piatti che mi sono piaciuti di più in giro per l'Italia, soprattutto in questo periodo di reclusione forzata per tutti, perché non viaggiare con la cucina? Un giorno in Piemonte, un giorno in Lazio, un giorno in Puglia come oggi e ancor meglio nel Salento con Ciceri e Tria, Cìciari tthria.
La cucina è cultura, è storia, è geografia, è arte, il cibo è il mezzo più semplice per avvicinare i popoli, perché mangiare mangiamo tutti.
Ho assaggiato Ciceri e Tria la prima volta da Le Zie a Lecce, locale caratteristico di cucina tradizionale che sembra fermo nel tempo.
La sensazione è quella di entrare in una casa privata, a casa di zia appunto, per il pranzo domenicale di una volta.
Ciceri sta per ceci e Tria sta per pasta, una sorta di tagliatelle di semola larghe circa due cm. e lunghe 10-12, piatto in uso nel giorno di San Giuseppe.
La particolarità sta nel fatto che questo piatto, una sorta di zuppa pochissimo brodosa, oltre alla pasta fatta bollire, ne contempla una parte fritta nell'olio ed entrambe aggiunte ai ceci.
Occorre mettere in ammollo i ceci almeno 12 ore prima, poi farli a cuocere coperti di acqua fredda con cipolla, aglio, sedano, carota, una foglia di alloro fino a che non sono teneri.
Nel caso si può ovviare alla lunga cottura con la pentola a pressione.
Nel mentre si impasta della farina di semola rimacinata e un pizzico di sale , con tanta acqua tiepida quanto basta per avere un impasto morbido da poter tirare a sfoglia e ritagliare in tagliatelle larghe e corte
Si può considerare 50gr di farina e 50gr di ceci secchi a testa per una porzione abbondante da piatto unico.
Cotti i ceci, consumata quasi tutta l'acqua, una parte di questi va passata con le verdure e rimessa nella pentola aggiustando di sale.
Nel contempo in un pentolino piccolo e alto, così che rimanga ben profondo, in olio evo di oliva, si scalda uno spicchio d'aglio per insaporire e poi si toglie prima che bruci, si frigge, poco per volta, un terzo della pasta fino a che non diventa color nocciola.
Si fa bollire in acqua il resto della tria, si scola al dente e si unisce ai ceci, insieme a qualche cucchiaio dell'olio di frittura, si mescola, si ritira dal fuoco, si uniscono le tagliatelle fritte e una spolverata di pepe e si serve.
La ricetta originale vorrebbe che si unisse tutto l'olio usato per la frittura, ma sinceramente a me sembra un po' troppo ...
Merita due parole la storia del nome: Ciceri si comprende dal latino, significa ceci, Tria invece è un etimo derivante probabilmente dall'arabo "ittriyya", antico tanto da essere nominato in Liber De Coquina, il più vecchio libro di ricette dell'occidente, scritto intorno alla fine del 1200 presso la Corte di Napoli, dove viene nominata, udite udite la Tria Januensis, e cioè un piatto genovese ... chissà se erano "Trenette"? ... e devo dire che almeno in questa zona, che parla un ligure arcaico, non il vero genovese, triaa inteso come verbo, ha ancora il significato di tagliare in un particolare modo come quello usato per tagliare la pasta... eh lo dico sempre, che il mondo è piccolo...
Per chi volesse il Liber suddetto è scaricabile in Pdf dal web, tradotto.
Non facile da leggere, ma ci si può provare, soprattutto le ricette che ovviamente non comprendono tantissimi degli ingredienti conosciuti da noi ora... come pomodori, patate, zucche e zucchini, fagioli, ecc. arrivati in Europa 200 anni dopo.
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Lella
Lella Canepa, creatrice di "Donne da Ieri a Oggi" una fantastica mostra poi tradotta in un libro e di "Erbando" un ricercato evento che produce sempre il "tutto esaurito" da subito, anch'esso tradotto in un manuale dove si impara a conoscere e raccogliere le erbe selvatiche commestibili come facevano i nostri avi.
Lella Canepa ama da sempre tutto ciò che è spontaneo, semplice e naturale e coltiva da anni la passione per tutto quello che circonda il mondo manuale del femminile. tramandato per generazioni da sua mamma, sua nonna e la sua bisnonna.
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