I LAGACCIO, I BISCOTTI DI GENOVA
Avevo finito i biscotti Lagaccio, che ogni tanto mi concedo per colazione, Grondona o Panarello, sempre, che li producono anche light nel caso, non avendo in preventivo di andare a fare spesa, che per me implica un viaggio, specie ora con il caldo, con la mascherina, con le strade affollate ... ho deciso che facevo prima a farli.
Ovviamente scelgo sempre di semplificare, perché il tempo è sempre meno, nel tentativo comunque di avere un risultato accettabile.
Un minimo di storia sui veri Lagaccio.
Il nome, Lagaccio appunto, viene da una zona di Genova dove era stato costruito un bacino artificiale intorno alla prima metà del 1500 da Andrea Doria, che voleva acqua per i giardini e fontane del suo palazzo, ma che presto andò ad alimentare le fabbriche di polveri da sparo, e quindi definito lag-accio, lago con suffisso peggiorativo.
Intorno crebbe presto un quartiere popoloso e di conseguenza un forno in cui si iniziò la cottura di questi semplici biscotti al vago sapore di finocchietto.
Necessari per chi andava per mare, biscottati per durare, addolciti forse con miele o sapa allora, e con il tempo l'aggiunta di un grasso.
La ricetta più recente, tramandata, quella che piaceva a Giuseppe Garibaldi e a Mazzini, parla di lievito madre, di un primo impasto a lievitare, al quale viene poi aggiunto ancora farina, il finocchietto, lo zucchero e il burro, un'altra lunga lievitazione e la formazione dei filoni.
Una prima cottura dei filoni di nuovo lasciati lievitare e il giorno ancora dopo lasciati raffreddare, tagliati e fatti biscottare.
Questa invece è una ricetta veloce, per avere come dicevo, un prodotto simile, accettabile, per le mie esigenze immediate, che non impedisce però con gli stessi ingredienti modificarla per farla sia con il lievito madre, i giusti periodi di lievitazione, la giusta biscottatura.
Ancora una parola per evidenziare la differenza con i Biscotti della Salute, che spesso vengono confusi, i Lagaccio, trasmigrati nel Basso Piemonte, diventati Biscotto della Salute e famosi grazie a Walter Marchisio che a Torino fondò la Wamar diffondendoli ovunque.
La differenza è tutta nella presenza nei Lagaccio, dei semi di finocchietto.
Il gusto, senza il sentore di anice, più si avvicina, vero precursore, alle fette biscottate, ed è usato anche per preparazioni salate.
Si trovano, come biscotti della salute, anche sull'Artusi, con le uova nella ricetta.
State allegri, dunque, perché con questi biscotti
non morirete mai o camperete gli anni di Matusalemme
Pellegrino Artusi
I miei ingredienti sono, come sempre, leggermente meno zucchero, meno grassi della ricetta originale che già non è ricchissima.
A fianco degli ingredienti tradizionali suggerimenti per la sostituzione per un risultato ancora più leggero e natural, ma un minimo di farina forte è necessario.
Non avevo i semi di finocchio, ma ho il finocchietto fresco, così ho fatto un decotto con acque e fronde di finocchio selvatico che ho usato poi come acqua per impastare, anche se i semi sono meglio.
Mescolati gli ingredienti, impastati, messo il panetto a una prima lievitazione.
Dopo circa due ore, con una certa delicatezza, rovescio l'impasto, lo divido in due, arrotolo su stesso e allungo a filone.
Copro e rimetto a lievitare, un'altra oretta.
Inforno a 180° gradi, crescono cuocendo. Quando sono dorati, dopo circa mezz'ora, metto a raffreddare.
E qui davvero, bisognerebbe aspettare il giorno dopo per avere un risultato perfetto.
Sono riuscita ad aspettare qualche ora, nel pomeriggio ho tagliato in modo obliquo, a fette alte un dito, e le ho biscottate nel forno ventilato a 180 gradi, aprendo lo sportello per fare uscire l'umidità e rigirandoli ogni due minuti, ci mettono pochissimo a bruciare.
Freddi, occorre una scatola di latta per conservarli.
Pur non avendo seguito alla lettera la ricetta originale, e soprattutto il procedimento delle lunghe lievitazioni, quello che ho ottenuto è per me più che apprezzabile.
Per finire la storia, il lago detto Lagaccio ha resistito fino alla fine degli anni 60 del '900, quando disgraziatamente un ragazzo di 12 anni, vi annegò, tragedia che portò alla decisione di riqualificare la zona interrando e prosciugando le acque non più utilizzate e divenute torbide e limacciose, protagoniste di racconti e leggende di persone sparite, costruendo al suo posto un impianto sportivo con campo di calcio, pista di atletica e campo per l'hockey su prato.
Al quartiere rimane il nome sinistro di Lagaccio che per fortuna oggi ricorda solo i rinomati biscotti.
... il fossato di S. Tommaso, o com'altri il domandano, lagaccio.
Tale appellativo cominciò nel 1652, quando il Magistrato di Guerra
formò di questa vallata un ampio bacino, innalzandovi sui fianchi
una muraglia grossa di palmi dieci, che chiude tutto il fossato
e riceve le acque delle adiacenti montagne.
(Federico Alizeri, Guida artistica per la città di Genova, Genova, 1847)
Condividi il post! e poi torna, troverai esperienze affascinanti.
Se vuoi puoi iscriverti alla news letter cliccando qui>> per non perderti nessun articolo.
Lella
Lella Canepa, creatrice di "Donne da Ieri a Oggi" una fantastica mostra poi tradotta in un libro e di "Erbando" un ricercato evento che produce sempre il "tutto esaurito" da subito, anch'esso tradotto in un manuale dove si impara a conoscere e raccogliere le erbe selvatiche commestibili come facevano i nostri avi.
Lella Canepa ama da sempre tutto ciò che è spontaneo, semplice e naturale e coltiva da anni la passione per tutto quello che circonda il mondo manuale del femminile. tramandato per generazioni da sua mamma, sua nonna e la sua bisnonna.
Se vuoi, puoi metterti in contatto con Lella qui>>